direttore del Museo Civico di Siena
Il progetto di questo ciclo, Santini, l'avrà certamente maturato durante uno dei suoi frequenti viaggi tra Siena e Avignone. Del gemellaggio fra le due antiche città egli è infatti tra i più assidui ed entusiasti protagonisti ormai da tanti anni ed ha, forse, amici più affezionati e numerosi in Provenza che in Toscana. Se mi avesse accennato alla sua idea avrei probabilmente cercato di scoraggiarlo, ritenendo la sua misura artistica un po' troppo lontana e troppo poco flessibile rispetto all'acceso misticismo di Caterina da Siena, alla sua vicenda pervasa da un incandescente, ininterrotto flusso di passione spirituale. Ma a volte - e questa è una di quelle occasioni - si è lieti di aver sbagliato di grosso.
Le tavole che Enzo Santini ha dipinto con emozionata fatica, dedicandole a Caterina, dimostrano intanto una padronanza tecnica ormai piena e matura ma, ancor più, testimoniano di uno scavo interiore febbrile e inesausto teso a raggelare forme che, attraverso un'ampia ricognizione sentimentale, sapessero proporre un forza incantatrice vicina a quella posseduta dalla Santa senese. Caterina attraversò il suo secolo leggera ed esangue come un soffio di vento primaverile, ma la sua esperienza ed il suo operare squassarono fino dalle radici il pensiero dei contemporanei. Il miracolo di Caterina sta proprio in questa antitesi apparente, tra la fragilità delicata del suo corpo e l'energia devastante del suo spirito, che, combinandosi in una esplosiva miscela, originarono risultati di incalcolabile portata, gettando semi per piante ancora oggi rigogliose e feconde.
Il ciclo di Santini, almeno a me pare, riesce ad inquadrare bene questa dicotomia tra aspetti contrastanti: tra il gravame del corpo, il peso della tentazione e la titanica forza di ascendere ad una purezza cristallina, non raggiunta per via di un cammino ideologico, ma filtrata dalla cognizione della sofferenza degli uomini. Di tutti gli uomini. Negli ultimi tempi anche a Siena si è discusso a fondo dell'arte sacra. Se essa fosse viva o morta o, ancor prima, fosse ancora oggi giustificata e proponibile, in questi tempi assai poveri di tensioni spirituali. Pur partendo dalla consapevolezza che l'arte, se di vera arte si tratta, contiene in sé un valore sacrale intrinseco in questo messaggio privilegiato più direttamente indirizzato al cuore delle persone, si deve pur considerare che determinate opere, per il soggetto cui si riferiscono, per il contesto singolare in cui si producono, per il pubblico specifico al quale risultano destinate, occupano in via prioritaria un posto in questo particolare settore.
Ma allora il lavoro di Santini vi si inserisce compiutamente: perché con le sue trasparenze impalpabili e attraverso le sue atmosfere siderali riesce a rendersi mediatore di un messaggio profondissimo, aprendo porte che introducono a percorsi impervi e poco consolatori, ma comunque necessari. La mostra di Santini su Santa Caterina da Siena girerà ora il mondo, per testimoniare di una civiltà, quella senese, che non cessa di esplicitare la sua secolare fecondità.